Infiammazione e suicidio

Infiammazione e suicidio
Mauro Bologna, Maria Grazia Cifone, Francesco Bottaccioli
Riuscire ad individuare uno o più parametri biologici di facile misurazione che siano idonei per accrescere la possibilità di stimare la probabilità di suicidio in soggetti a rischio potrebbe rappresentare un concreto progresso in ambito clinico, sociale e pratico per la prevenzione dei suicidi, che sono un problema epidemiologicamente assai rilevante (come già evidente dagli altri contributi contenuti nel presente saggio).
I molteplici fattori che sono alla base degli atti suicidari (malattie psichiatriche e malattie terminali, fattori genetici, abuso di farmaci psicoattivi, nonché situazioni sociali, familiari e opzioni culturali dell’individuo) possono riconoscere come uno degli elementi rilevanti lo stato infiammatorio cronico (con relative riacutizzazioni) che è in grado di influire sulle funzioni cerebrali e sullo stato dell’umore.
Le prove di ciò incominciano ad essere numerose: in questo capitolo cercheremo di darne un resoconto aggiornato, ancorché sintetico.
Il quadro dove inserire la relazione tra infiammazione e suicidio è quello della Psiconeuroendocrinoimmunologia, disciplina che studia, in un’ottica sistemica e su una base di biologia molecolare, le strette interrelazioni e le reciproche influenze tra dimensione psichica e dimensione biologica.
L’infiammazione, biologicamente o farmacologicamente generata, influenza l’attività cerebrale e psichica, ma, a sua volta, lo stato psichico patologico genera infiammazione.
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